Cercando di limitare la portata del disastro le autorità sovietiche inviarono immediatamente sul posto delle squadre di pulizia.
Vigili del fuoco furono mandati sul luogo dell’incidente per provare ad estinguere l’incendio; non erano stati avvisati di quanto fossero pericolosi i fumi radioattivi che si sprigionavano dal reattore esploso.
Nei mesi successivi molte persone, in gran parte membri dell’ esercito e altri lavoratori, furono coinvolte nei lavori di pulizia e di messa in sicurezza del sito. Anche in questo caso, come in quello dei pompieri accorsi subito dopo l’incidente queste persone non erano state informate sui rischi e non avevano dispositivi di sicurezza, non erano nemmeno disponibili tute protettive. I detriti radioattivi più pericolosi furono radunati dentro quello che rimaneva del reattore; il reattore stesso fu coperto con sacchi di sabbia lanciati da elicotteri (circa 5.000 tonnellate di sabbia durante la settimana successiva all’incidente).
Un enorme sarcofago d’acciaio fu eretto frettolosamente per sigillare il reattore e il suo contenuto.
Di tutti i paesi interessati, la Bielorussia fu la più colpita.
Nelle prime ore del dramma pochissimi si resero conto dell’effettiva gravità della situazione. Le persone intervenute nella prima notte sono tutte morte e solo queste sono state riconosciute come le “vittime ufficiali” della tragedia.
Vi furono, ad esempio, pescatori che rimasero tutta la notte sulle rive del fiume Dnieper, contadini che all’alba del giorno dopo ararono i campi, scolaresche portate a visitare i magnifici dintorni di Chernobyl.
200 persone furono ricoverate immediatamente, di cui 31 morirono (28 di queste per l’esposizione diretta alle radiazioni). Molti di loro erano pompieri e addetti che cercarono di mantenere l’incidente sotto controllo e che non erano stati informati di quanto pericolosa fosse l’esposizione diretta alle radiazioni. 135.000 abitanti furono evacuati dalla zona, inclusi tutti i 50.000 abitanti della vicina città di Pripyat.
lavoratori coinvolti nelle pulizie e nella sistemazione della centrale dopo l’incidente ricevettero alte dosi di radiazioni. Nella maggior parte dei casi queste persone non erano equipaggiate con dosimetri individuali per misurare la quantità di radiazioni ricevute, così gli esperti possono solo stimare le loro dosi. Anche nei casi in cui venivano utilizzati i dosimetri le procedure dosimetriche variavano. Secondo le stime sovietiche, nella pulizia dell’area evacuata furono impiegate tra le 300.000 e le 600.000 persone, molti dei quali però entrarono nella zona due anni dopo l’incidente, Il numero di addetti alla pulizia entro un anno dal disastro è stato stimato in 211.000, questi lavoratori ricevettero una dose media stimata di 165 millisievert (16.5 rem).
In molti casi, come dimostrato dalle registrazioni tra gli elicotteristi e le centrali operative, i militari sovietici rifiutavano volontariamente il turn over, che avrebbe potuto metterli al riparo da conseguenze anche mortali. Spesso questo accadde contravvenendo agli ordini.
Per spegnere l’incendio, bonificare e costruire il sarcofago hanno lavorato ben più di 600.000 persone, i cosiddetti liquidatori, che hanno ricevuto così, dosi altissime di radiazioni di alta pericolosità. Moltissimi sono morti.