L’ incidente di Chernobyl ha rilasciato radiazioni 400 volte superiori a quelle della bomba caduta su Hiroshima, ma ha rilasciato radiazioni da 100 a 1000 volte inferiori a quelle causate dai test di armi nucleari effettuati a metà del XX secolo. In conclusione l’incidente di Chernobyl è stato un disastro a livello locale, ma non su scala globale.
A seguito dell’esplosione, grandi quantità di sostanze radioattive sono state espulse nell’atmosfera e, successivamente, hanno causato la contaminazione dell’ambiente in Bielorussia, in Ucraina, nelle regioni occidentali della Russia e in alcuni paesi dell’Europa occidentale.
La formazione di queste zone radioattive, è avvenuta in funzione sì delle fuoriuscite dal reattore avariato ma, anche, dalle condizione meteorologiche.
Gli isotopi inquinanti più significativi sono il cesio137, lo stronzio90 e lo iodio131.
Durante il processo di smantellamento del reattore, da 2400 a 6720 tonnellate di piombo, vennero versate sugli impianti dagli elicotteri allo scopo di schermare in qualche modo le radiazioni.
Il piombo, fuso ed evaporato, è entrato nell’atmosfera causando un ulteriore inquinamento del terreno per centinaia di chilometri attorno a Chernobyl.
Attualmente, dopo la disintegrazione naturale dei radionuclidi a vita breve, il maggior pericolo è rappresentato da:
cesio137, stronzio90, plutonio e piombo.
Il plutonio è praticamente eterno nonostante sia rilevato soprattutto vicino a Chernobyl.
Lo stronzio è simile al calcio e tende a rimpiazzarlo come elemento costitutivo delle ossa, accumulando, così, radiazioni.
Il cesio, invece, è analogo al potassio, elemento, anch’esso, importante per l’organismo umano.
Lo iodio provoca delle patologie al livello della tiroide mentre il piombo danneggia il sistema nervoso causando deficienze intellettive e mutamenti della motricità, soprattutto nei bambini.
In Bielorussia, ad esempio, il 70% di radionuclidi ricadde sul territorio contaminandone il 23% dell’intero paese: 3378 centri abitati con più di due milioni di abitanti tra cui 700000 bambini.
Date le difficoltà derivate dalla crisi economica e nonostante i rischi, il terreno contaminato viene ancora e regolarmente coltivato e la popolazione continua, costantemente a cibarsi di animale e prodotti della terra.
Inoltre, la mancanza di lavoro, gli alti costi delle abitazioni delle città meno colpite dall’incidente, provocano una vera e propria migrazione di massa verso i villaggi abbandonati, divenuti dei veri e propri centri di raccolta.
Secondo gli scienziati sovietici convenuti alla Prima Conferenza Internazionale sugli aspetti radiologici e biologici dell’Incidente di Chernobyl (tenutasi nel settembre 1990), i livelli di fallout nell’area compresa nel raggio di 20 km dall’impianto, furono registrati fino a 4,81 GBq/m².
La cosiddetta “foresta rossa”colpita dalle radiazioni, si trova immediatamente dietro l’impianto e ricopriva circa 4 km²; morirono solo i pini mentre betulle e pioppi sopravvissero. E’ stata, così soprannominata, perchè gli evacuati riportarono che, nei giorni seguenti al disastro, gli alberi diventarono rossi, probabilmente a causa del massiccio fallout radioattivo.
L’evacuazione della zone che circonda l’impianto ha generato un rifugio unico per la fauna selvatica. Non si sa se la contaminazione da radiazioni avrà effetti a lungo termina sulla flora e la fauna della regione, poiché le piante e gli animali hanno tolleranze radiologiche molto diverse e varie da quella degli uomini. Comunque, sembra che la biodiversità nella zona dell’ incidente sia aumentata in seguito all’ assenza delle attività umane.
Si sono rilevate mutazioni in alcune piante della zona, tali notizie hanno portato a racconti non dimostrati su una presunta “foresta delle meraviglie” popolata da molte piante che hanno subito strane mutazioni. La zona è nota per essere silenziosa, segno che non è ancora stata ripopolata dagli uccelli.